Dr. STEFANO PASTORE Introduzione Conferenza Geologia e Mare   Buonasera a tutti, nel precedente incontro, lo dico per quanti non fossero stati presenti, come club per l’UNESCO, abbiamo fortemente voluto parlare di cambiamenti climatici e diritto, unendo due ambiti apparentemente lontani e nel contempo strettamente simbiotici. Questa sera approfondiamo ulteriormente il discorso e a me spetta il compito di introdurre un argomento alquanto delicato e controverso. Vogliamo parlare di geologia del mare, del nostro mare, dei legami esistenti tra ciò che le profondità marine nascondono e l’attività umana. Vogliamo sottolineare il delicato equilibrio del mare, la necessità di tutela e vogliamo parlare dei suoi fondali testimoni di vita, di cultura ed identità. Lo sappiamo il mar Mediterraneo è un mare sfruttato sin dall’antichità, abbastanza chiuso, delimitato da 21 Paesi, è stato solcato dai marinai fin dai tempi antichi, permettendo il commercio, lo scambio di cultura, ed è solcato tuttora giorno e notte dal costante via vai di navi cariche di petrolio e di pericolose sostanze chimiche. Il suo equilibrio ecologico e la vita marina sono, infatti, seriamente minacciati dal flusso continuo di acque sporche che vi si riversano dalle attività che coinvolgono mezzo miliardo di persone. Se non bastasse, ci sono oltre 100 milioni di persone che vivono lungo le sue coste e durante l’estate questo numero si moltiplica, incrementando fino al doppio, il peso d’umanità che il povero Mediterraneo deve sostenere. Il turismo che rappresenta una voce attiva per la nostra bilancia commerciale e per una regione come la Puglia, implica attività di sfruttamento dei diversi ecosistemi, e deve essere improntato, pertanto, ad un concetto di alta qualità per produrre un maggior benessere economico, ma con un limitato impatto ambientale, oltre ad incoraggiare i governi a tenere pulite le coste ed a preservare l’ambiente delle attrazioni turistiche naturali. Il mare stesso è stato depauperato da sempre più avanzate tecniche di pesca su scala industriale e tutto è stato spazzato via dalla pratica incontrollata ed illegale della pesca a strascico. Mi viene in mente il problema delle spadare che non danno alcuna possibilità di scampo, neanche per tonni, delfini, tartarughe o balene – tanto che vedere un pesce grande ormai sta diventando sempre più raro e cosa più grave si pescano varietà in via di estinzione, ad esempio il nostro tonno rosso che viene pescato dai giapponesi per i loro consumi alimentari. Anche il problema del surriscaldamento globale ha delle ripercussioni sul Mediterraneo. Nuove specie di alghe e di pesci tropicali stanno proliferando e prevalendo sulla flora e sulla fauna locale, trasformando così l’habitat naturale del nostro Mare. Il sollevamento del livello delle acque avrebbe delle conseguenze inimmaginabili per le coste e per i loro abitanti, soprattutto per le aree più basse e soggette ad allagamenti, che sono anche le più abitate. Dobbiamo anche considerare la perdita di territorio dovuta anche alle avverse condizioni climatiche e all’attività dell’uomo. Questo mi porta a fornirvi un esempio: pensate tra le varie frontiere di sfruttamento del mare vi è “L’orto subacqueo: coltivazione biologica sottomarina”. Un progetto italiano, ancora sperimentale, in campo agricolo- sottomarino, immerso nel male di Noli Ligure, che sfrutta la tecnica idroponica, ossia le coltivazioni senza suolo, in cui le coltivazioni sono organizzate all’interno di biosfere subacquee in materiale vinilico semitrasparente, così da permettere la filtrazione dei raggi solari, e ancorate sul fondale a cento metri dalla costa, a una profondità compresa tra sei e otto metri. All’interno delle biosfere è presente una climatizzazione e un’umidità stabile, favorevole a questo tipo di colture, e una temperatura anch’essa stabile di circa 25�C, peraltro non influenzata dall’escursione termica tipica tra giorno e notte, pertanto l’acqua marina evapora e, diventando condensa, si trasforma in acqua dolce carica di nutrienti. In aggiunta il ciclo clorofilliano, innescato dai raggi solari che raggiungono le biosfere attraverso lo strato di acqua, mantiene livelli accettabili di ossigeno e di anidride carbonica. Particolare non irrilevante delle coltivazioni nelle biosfere subacquee riguarda il fatto che le piante siano inattaccabili da insetti e parassiti garantendo così una coltivazione naturalmente biologica poiché non si rende necessario l’uso di alcun tipo di antiparassitario chimico. Questo è un progetto che si pensa possa apportare cambiamenti favorevoli nei paesi costieri in cui l’agricoltura non è largamente praticabile per via della scarsità d’acqua. Un altro problema è la povertà dei Paesi nord-africani e mediorientali e la corsa ad una industrializzazione sicuramente non sostenibile, fortemente impattante. In questo quadro si inserisce la questione energetica, problematica scottante che come tutti sappiamo riguarda il nostro mare e la geologia del mare e non solo. Le trivellazioni e la produzione di idrocarburi tramite impianti off-shore davanti alle nostre coste sono una realtà tangibile (anche se per molti italiani non lo è) che ci hanno spinto e che ci spingono a porre sui piatti della bilancia quanto ci è stato prospettato, ossia ricchezza economica, incremento dei posti di lavoro, l’indotto dell’economia locale, la riduzione dalla dipendenza energetica, ma anche inquinamento, il rischio di terremoti e ripercussioni economiche sul turismo e sulla pesca, e non ultimo il ricorso ad energie rinnovabili. In conclusione mi viene spontanea una domanda e chiedo ai nostri graditi ospiti se non sia il caso di recuperare un valore su tutti – semmai lo abbiamo avuto – che è la “consapevolezza”. Mi chiedo se i nostri amministratori e dirigenti abbiano consapevolezza della situazione reale, perché se è pur vero che la richiesta di energia andrà sempre più ad aumentare ed ancora non si può prescindere dalle fonti tradizionali, bisogna seriamente considerare i messaggi che l’ambiente ci invia. Mi chiedo infine quanto si conosca il nostro mare, quanto della crosta terrestre da esso coperta si possa e si debba raccontare.